Palafitte in legno, noci di cocco, palme, papaya, mango, milkshake, sabbia bianca e pesci colorati: benvenuti in Thailandia! Paradisiaco, vero? Aggiungeteci sorrisi a 72 denti, tranquillità, lentezza, cortesia. Questi i thailandesi.
Dopo più di dieci anni sono tornata in questa terra da fiaba, ora mi trovo a Koh Samui. Sono venuta qui per comodità, facile da raggiungere, lontano dal caos delle città e abbastanza grande per passare le giornate a zonzo. Volevo rilassarmi una settimana al mare, ricaricare le batterie dopo tanto viaggiare.
A volte fa bene fermarsi, fare il punto della situazione, riflettere. Magari anche senza riflettere, semplicemente godersi la bellezza del nulla: il dolce far niente. È molto difficile da concepire per noi, lo so. Sembra sia necessario dover correre e lavorare sempre. Più lavori e più stimabile sei agli occhi degli altri. La bella notizia (almeno per me) è che in Asia non è così. Si lavora per vivere, non si vive per lavorare. L’etichetta lavorativa non è così importante: puoi avere un banchetto di frutta, guidare un Tuc tuc o lavorare in banca e vieni trattato allo stesso modo.
Koh Samui è una delle isole della festa, giusto di fronte Koh Pangan organizza Full Moon Party mensili, che non hanno nulla a che vedere con i rituali spirituali di luna piena ma tutto l’opposto. Queste isole sono state invase dal turismo massivo di europei ed americani che vengono qui a spaccarsi di alcol e droghe in modo più economico rispetto a come si spaccano nella loro terra di provenienza.
È un peccato osservare come un paese così genuino sia stato sfregiato dalle frustrazioni di noi occidentali.
Per strada si vedono ragazze stupende, giovani, molto giovani, accompagnate da zombie bianchi con la pancia che vengono qui a passare le ferie accumulate al lavoro. Sono soli e assuefatti, hanno bisogno di compagnia ed in Thailandia hanno la possibilità di affittare una minorenne che gli riscaldi le lenzuola. Le thailandesi sono anche brave a fare i massaggi, cosa vuoi più di così? Prostituzione? No, è legale! Vai, senza vergogna.
I Thailandesi sono un popolo pacifico e sereno. Dopo lo tsunami non imprecavano contro il mondo per avergli tolto famiglia, casa ed averne devastato l’intero paese ma si chiedevano cosa avevano sbagliato per fare ribellare di tale maniera la natura. Si, la storia del karma. Loro ci credono davvero, non come noi. In Europa ci fermiamo con la macchina alle strisce pedonali per “sentirci a posto con la coscienza”. Rallentiamo all autovelox non per proteggere la nostra vita ma per risparmiarci una multa.
La maggior parte delle buone azioni in Occidente sono mosse da un tornaconto personale, non per la pura spontaneità di compiere un atto gentile.
Il termine Karma significa azione compiuta, indicando il gesto creato e ciò che di per sé ne consegue. È una legge che ci fa comprendere la responsabilità delle nostre azioni, in una realtà che è specchio della coscienza. Ma l’aspetto più importante riguarda l’intenzione che sottende l’azione: è più importante l’intento che sta dietro all’azione piuttosto che l’azione stessa.
Quando comprendiamo la legge del karma, capiamo che siamo noi i responsabili della nostra vita. Il riflesso delle nostre intenzioni si manifesterà negli eventi di questa vita e delle prossime.
Ancora una volta i contrasti, Oriente e Occidente, filosofia e tecnica, spiritualità e materialismo, sorrisi e strette di mano, Sarong e Taller, Pad Thai e tortellini, caos e ordine.
Continuo quindi a chiedermi qual è la sponda del fiume migliore, quale la ricetta più sana e contemporaneamente saporita. Forse l’unica risposta possibile è la regola dell’equilibrio, Yin e Yang, estate e inverno, giorno e notte, sole e luna. Adottare la famigerata via di mezzo. Ci proviamo?
Sono ancora nella fase di bilanciamento io, tossine accumulate negli anni non si smaltiscono in qualche mese di detox. Ho bisogno di Oriente, filosofia, spiritualità, sorrisi, Sarong, Pad Thai e caos. No, non mi mancano i tortellini e neanche la pizza.
Credevo di essermi liberata ma ho avuto conferma del contrario qualche giorno fa quando stavo tornando a casa dopo aver mangiato un’insalata di papaya verde. Sento un signore farfugliare qualche parola ed istintivamente rispondo “No, thank you”. Lui insiste e mi volto, era il cameriere del chiosco dove avevo cenato. Avevo lasciato sul tavolo il mio portafoglio. Retorico pensare a cosa sarebbe successo nella medesima situazione a Barcellona. La mia reazione mi ha spiacevolmente mostrato che sono ancora impregnata della diffidenza di noi occidentali.
Devo continuare a viaggiare, questa la molla, la mia ricarica molto più potente di una settimana al mare.
Mi sto cullando fra un centro Yoga Tailandese, massaggi e buon cibo. La sera sono felice di tornare nel mio bungalow silenzioso.
Passerò qui qualche giorno e ne ho approfittato per disfare lo zaino, non ho un armadio, solo la scrivania che è diventata lo scaffale del mio nuovo guardaroba indiano, nepalese e thailandese (in Bhutan non ho comprato nulla perché era troppo caro).
L’altra sera ho passato una buona mezz’ora ad ammirare l’ordine ed il silenzio della camera. Mi sentivo talmente serena che mi sono incantata per qualche minuto. E chi mi risveglia ora in questo nido solitario?
Forse dovrei andare al Full Moon Party, li non rimarrei incantata ma direttamente fulminata.
Ma niente, preferisco rimanere così continuando a credere nel Karma. Quello vero.