I miei giorni in India sono finiti, di già. Scrivo questo articolo mentre sono in aereoporto aspettando l’imbarco per Kathmandu. Lascio l’India a malincuore. Se non avessi il progetto di volontariato programmato rimarrei di più. Sento che ho avuto solo un assaggio di questo paese per me stupendo.
Terra di contraddizioni e paradossi, ora capisco cosa si intente quando si dice “l’India o l’ami o la odi”. Non è un paese che lascia indifferenti, sensazione indescrivibile a parole. Si respira magia.
Io l’ho amata, talmente tanto da dimenticarmi a tratti di essere in India. Durante questi 45 giorni mi sono abituata al traffico, ai bambini che ti tirano il braccio mentre chiedono l’elemosina, alla sporcizia, alle vacche, maiali, cani, scoiattoli, scimmie e ratti che convivono nei cumoli di spazzatura. Non esiste un sistema di smaltimento rifiuti, le persone bruciano l’immondizia di fronte casa ogni giorno.
Mi sono abituata a camminare per strada rischiando di essere investita da tuc tuc, biciclette, macchine, scooter ogni cinque minuti e mi sono abituata ad accettare il loro disordine. È strano come possano capirsi l’un l’altro: ognuno segue la propria strada, a costo di andare contromano in autostrada. Non si insultano a vicenda come facciamo noi. Semplicemente non si fermano, vanno avanti. Ho riflettuto su questo punto prendendolo come una metafora della vita: non importa ciò che fanno gli altri o ciò che accade attorno a noi. L’importante è seguire il nostro percorso ed arrivare a destinazione. Alla nostra destinazione.
Prima di partire per l’India una signora mi terrorizzò, dicendomi di stare attenta agli indiani “preparati a qualche toccata di culo e non bere il thè con sconosciuti”. Quanto a molestie fisiche neanche l’ombra, quanto al thè l’ho bevuto dappertutto! Dai venditori ambulanti, nei negozi, a casa degli sconosciuti. Il Chai Masala, una delizia. Il risultato? Ho scoperto che qui non sono intollerante al lattosio. Mistero.
Le persone mi hanno accolta e protetta, sempre. E quando esprimevo la mia gratitudine loro rispondevano “people are good to you because you’re good to them. If you’re not good they won’t be good!”. Ho pensato a quella signora che amorevolmente mi allarmò prima di partire. Potrebbe fare tesoro di queste parole.
Da qui è sorta un’altra riflessione: il calore degli indiani è dato anche e soprattutto dalla capacità di non pensare all’altro come ad un nemico o ad un essere inferiore. Chiamano in causa prima il proprio atteggiamento. Sono umili. E sono stati proprio i loro sguardi sottomessi, curiosi, timorosi che in molte situazioni mi hanno fatto sentire piccola, povera ed ignorante. Quando sono arrivata ero talmente spaventata da questo paese che mai avrei pensato di poterlo girare da sola, con i mezzi pubblici. Ho invece scoperto che le ferrovie indiane funzionano meglio di Trenitalia ed i treni sono molto puliti.
Le persone sono felici in quella che ad alcuni di noi potrebbe sembrare tristezza. Qualche sera fa tornando a casa ho incontrato un gruppo di signore di mezza età che cantavano e ridevano. Per strada. Mi hanno trasmesso serenità e mi hanno anche emozionata. Questo è impensabile in Europa, siamo troppo assorbiti da altri “problemi” per poter realmente apprezzare i momenti semplici e banali. Ma non si possono fare confronti, regola numero uno per sopravvivere in India. Semplicemente ho pensato a come la felicità non sia data dal benessere materiale ma da ciò che sta dentro di noi. È un peccato che le nostre vite frenetiche e moderne spesso non permettano di fermarsi ed osservare ciò che realmente ci appartiene. Forse saremmo meno insoddisfatti ed esigenti con noi stessi. Chissà, punti di vista.
Tutto questo mi ha quindi fatto sentire a casa, per davvero. Mi sono abituata ad essere Indiana Jones, schivando cacche di mucca e scimmie prepotenti. Mi sono abituata talmente tanto che in un momento di distrazione (uno dei miei tanti) ho aperto la bocca mentre facevo la doccia! Mi sono imparanoiata ed ho sputato tutta l’acqua.
Di una cosa si che sono stufa: che seccatura lavarsi i denti con l’acqua della bottiglia. Mi manca il mio lavandino!
Continuo a non bere alcolici e neanche caffè e mi sento più recettiva che mai.
Ah, sono riuscita a farmi la tinta ai capelli e sono anche andata dall’estetista.
Che lusso ragazzi.