Ed eccomi qui. Nel mezzo della jungla, vivo in una capanna di paglia e legno. Ho un letto grande coperto da una zanzariera, rane giganti accasciate sul soffitto e altre presenze notturne che vengono a visitarmi. Sento suoni incredibili che mi erano sconosciuti prima. Uccellini, grilli, scimmie, scoiattoli, gechi, lucertole enormi che camminano in qua e là, branchi di cani che ululano in lontananza e tanti altri animali che non saprei definire. Sono circondata da foglie verdi, alberi di papaya, mango, palme ed altri alberi di frutti esotici.
Sono in Cambogia, vivo e lavoro in un Ashram. Come ci sono finita non è chiaro neanche a me. Ma è il posto dove dovevo essere.
Volevo lavorare in un hotel ed insegnare Yoga per un po’, non mi aspettavo di trovare lavoro in un Ashram. Mi sembra così surreale che ancora devo abituarmi.
Tanta strada percorsa, tanta fatica e tanta energia. Dopo l’India ho continuato a praticare ogni giorno in ogni luogo dell’Asia che ho visitato, a leggere testi specifici, a cercare di capire cosa significasse tutto questo. Ed ora sono qui ed ho la possibilità di metterlo in pratica.
Il caso vuole che la mia collega è un insegnante francese con tanti anni di esperienza alle spalle e sto apprendendo molto da lei. Vive in Sri Lanka, il che mi è di grande aiuto perché è abituata ad affrontare situazioni tropicali. Per esempio mi ha insegnato ad indossare sempre una cavigliera con campanellini di sera. Il suono che produce è un repellente per i serpenti: quando camminiamo ed è buio pesto, quindi ogni giorno a partire dalle 18, loro lo sentono e si allontanano. Così evitiamo di calpestarli e di beccarci un morso velenoso. Lo sapevate? Io no.
I miei capi sono una coppia di israeliani con un pozzo di sapienza: lui laureato in religioni orientali, insegnante di Yoga, meditazione, esperto in psicologia; lei terapeuta e medico olistico. Le persone vengono qui per un retreat, seguono programmi specifici.
Sto quindi continuando a formarmi poiché parte del mio lavoro consiste nell’assistere alle conferenze su filosofia, buddismo, Yoga, alimentazione ed essere quindi un punto di riferimento per le persone.
È un carico emotivo non indifferente, gli ospiti affrontano un processo di guarigione interiore, ognuno per motivi diversi. C’è un forte mix di energie che da un lato mi riempie e mi motiva ma dall’altro mi sfinisce.
Aggiungeteci l’ansia da prestazione prima di ogni lezione. Insegno a gruppi di 40 persone, in inglese. La maggior parte sono australiani e americani, pochi europei. Quindi madrelingua. Ed io con il mio inglese maccheronico: l’altro giorno anziché dire “bring your thumb to the nose” ho detto “bring your toe to the nose” ! Ovviamente senza accorgermene. Tutti che cercavano di mettersi il pollice del piede sul naso ed io non capivo il perché! Solo dopo la lezione i colleghi che avevano assistito alla pratica mi hanno spiegato l’accaduto, quante risate e che vergogna!
Si, i colleghi. Sono sempre stata fortunata in quanto a compagni di lavoro. Tutti ragazzi come me che sono qui per un periodo ognuno con mansioni diverse. Il sabato attraversiamo il pezzo di jungla che ci separa dal paese e andiamo a mangiare pesce. Raga, sono stufa della cucina vegana ho bisogno di sostanza.
Insomma, come resoconto di questo 2019 devo ammettere che Babbo Natale mi ha ascoltata. Volevo partire per l’India e così è stato; volevo viaggiare da sola e così è stato; volevo lavorare come insegnante di Yoga e così è stato.
È incredibile come l’Universo sia attento ad ascoltare e ad assecondare i nostri desideri. Lo scontento nella mia vecchia vita derivava dal fatto di sentire un senso di inutilità, di vivere una vita meccanica e snaturalizzata: mi sentivo un animale in gabbia.
Ora eccomi qui, ad affrontare tutto l’opposto: lavoro con le persone, contribuisco al loro benessere psico-fisico e vivo nella Jungla cambogiana, in una capanna.
Questo è la dimostrazione del fatto che in ognuno di noi risiede una forza interiore capace di dirigere la nostra vita nella direzione da noi voluta. È solo questione di riuscire a risvegliare questa voce primordiale, di essere pronti ad ascoltarla, fidarsi abbastanza di essa e lasciarsi guidare.
Come in tutte le cose c’è un risvolto della medaglia. Non è per niente facile sostenere tutto questo, assorbire le energie degli altri e non avere un divano dove nascondersi e rilassarsi, non poter fare una doccia calda, condividere il bagno con 20 persone, vedere le lumache in mezzo ai tuoi vestiti (che schifo!), avere le tarme che rosicchiano il letto dove dormi, avere paura di prendersi la Dengue, sentirsi completamente fuori dal mondo.
In questa nuova realtà che sto vivendo il punto di forza sono ancora una volta le persone. Bersi il tè con il collega, raccontarsi la giornata e prendersi in giro; sentirsi dire “grazie per la lezione, mi sono sentito bene” e ricevere un abbraccio da un cliente. Il calore delle persone vicine permette di sopportare le condizioni precarie in cui sto vivendo. Non riuscirei a vivere in questo posto se non ci fosse nessuno attorno a me, se fossi sola con le rane.
Non importa dove e non importa come ma l’affetto degli essere umani è un bene impossibile da barattare, inestimabile.
Spero di non dimenticare mai questa lezione perché è l’insegnamento più grande e prezioso che sto portando con me.
Per Natale siamo tutti più buoni si, ma potremmo esserlo tutto l’anno. Il regalo siamo noi, non i pacchetti sotto l’albero.
Il mio pranzo di Natale quest’anno sarà alternativo, niente panettoni, niente lasagne e niente cappelletti. Onestamente invidierò le vostre bellissime tavole farcite ma Babbo Natale mi ha già fatto tanti regali, non posso lamentarmi se il mio pranzo natalizio sarà composto da Tofu, riso, verdure e cocomero. Natale alternativo.
Intanto il mio lato materialistico non è scomparso, potete stare tranquilli. D’altronde, come insegna lo Yoga, è tutta questione di equilibrio. Qui fa un caldo bestiale, continuo a sudare e sapete a cosa penso ogni tanto? Mi mancano i miei vestiti invernali! Ormai indosso solo shorts, leggings e pantaloni larghi di lino. Scalza e infradito per le occasioni. Penso al cappotto azzurro, ai jeans e agli stivaletti.
Non lo dico troppo forte però, ho paura che l’Universo mi senta. Non si sa mai, non vorrei finire in Alaska l’anno prossimo.
Buon Natale cari lettori.