filosofia yoga

“Lo yoga ci insegna a modificare ciò che non può essere accettato e ad accettare ciò che non può essere modificato” 

B.K.S. Iyengar

cos’è lo
yoga

Yoga Chitta Vritti Nirodha,  l’arresto dei vortici della mente

yoga
sutra

Sutra dal sanscrito aforisma. Yoga Sutra è una raccolta di circa 196 aforismi diventato il testo di riferimento nello yoga classico.

Cosa c’è dietro la pratica?

Nello Yoga Sutra, testo di riferimento  nello yoga, Patanjali delinea “gli otto passi” da seguire per  “la cessazione delle fluttuazioni della mente”.

cos’è lo yoga

Oggigiorno la parola yoga è entrata a far parte della vita della maggior parte delle persone, direttamente o indirettamente. Il ritmo di vita accelerato, la società della performance ed il contesto socio culturale in cui viviamo ha innescato in certi casi la curiosità o necessità di andare oltre la vita di superficie portando lo sguardo verso l’interno. 

L’aumento della domanda ha prodotto il proliferare dell’offerta di corsi di yoga, formazioni per insegnanti, “santoni” improvvisati, sancendo la nascita di multinazionali del fitness, situazione che ha  in qualche modo storpiato il significato originale di questa disciplina millenaria, producendo una commercializzazione che confonde anche la pratica di chi si applica serenamente.

Nel 2014 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha indetto la celebrazione annuale della Giornata Internazionale dello Yoga. Nel documento che sancisce la nascita della Giornata Internazionale dello Yoga l’ONU invita gli stati membri a osservare questa giornata per aumentare la consapevolezza del mondo sui benefici della pratica dello yoga, gesto che ad una prima lettura può sicuramente piacere ai praticanti. Ma cosa ha portato a questa scelta? Per arrivare a questo consenso il  primo ministro indiano Narendra Modī, leader del Partito Popolare Indiano, ha presentato lo yoga come un rimedio unico che può portare nel mondo benessere e pace e persino contrastare i cambiamenti climatici.  L’ONU ha stabilito un nesso tra yoga e global health, che ha avuto enorme potere persuasivo a livello globale. Modī ha utilizzato lo yoga come strumento per trasmettere ideologie al fine di rafforzare l’identità dell’India, in particolare della componente induista, a spese delle altre religioni soprattutto musulmana e cristiana, le cui comunità hanno cominciato a prendere le distanze da questa pratica, cercando di evitare una ulteriore marginalizzazione. In quest’ottica l’istituzione della Giornata Internazionale dello Yoga ha prodotto tutt’altro che pace e benessere. 

In questo scenario ambiguo in tanti si rivolgono a varie forme di informazione per fare chiarezza sullo yoga,  la domanda “che cos’è lo yoga?” sorge naturale. 

La parola yoga dal sanscrito yuj trova come traduzione più fedele “metodo per” è una disciplina che comprende pratiche di asana posture, pranayama tecniche di respirazione, dharana tecniche di concentrazione e dhyana meditazione. Lo yoga è un metodo che dona  nel suo insieme tanti benefici ai praticanti, migliorando la loro condizione psicofisica emozionale. 

Lo yoga è un percorso di presa di coscienza di sé stessi, che porta a (ri)scoprire la propria grazia interiore. La pratica dello yoga aiuta infatti a percorrere il cammino verso la propria dimensione essenziale, individuata con la parola Atman nella cultura indiana e che differisce dal paradigma dell’io con il quale tendiamo abitualmente ad identificarci. Lo yoga è un percorso di rimozione di blocchi e sovrastrutture che impediscono di realizzare il proprio potenziale sia sul corpo fisico che su quello sottile. 

La pratica dello yoga, oltre a rinvigorire la muscolatura e l’elasticità del corpo, offre al praticante gli strumenti per liberarsi da condizionamenti sovrastrutturali e dai malesseri che questi comportano. Il praticante di yoga si  avvicinerà così alla propria natura essenziale.

yoga sutra

Uno dei  principali testi di riferimento nello yoga è lo Yoga Sutra. Lo Yoga Sutra è una raccolta di circa 196 aforismi, a cura del saggio Patanjali. Questi aforismi descrivono la pratica ed i mezzi per realizzare la parola yoga, nella sua definizione principale yogah chitta vrtti nirodhad, “lo yoga è lo stato in cui cessano le vorticosità cognitive”.  

La datazione di questo testo non è certa, si crede che Patanjali sia vissuto circa 5000 anni fa ma ci sono diverse teorie al riguardo. Sicuramente gli aforismi poggiamo sulla scuola filosofica Samkhya, antecedente alla nascita del Buddismo. Alcuni studiosi sostengono che lo stesso Buddha abbia studiato la filosofia Samkhya. Le similitudini fra gli Yoga Sutra ed il buddismo sono infatti evidenti, nonostante si tratti di due discipline differenti.

 

Gli aforismi raccolti nello Yoga Sutra provengono probabilmente dalla tradizione orale, quando venivano tramandati da maestro a discepolo. Per questo motivo tante posizioni yoga portano il nome di animali (cane a testa in giù, scorpione, piccione, serpente, mucca, gatto, corvo ecc.), era così più facile ricordarle. 

Lo Yoga Sutra è spesso considerato uno dei primi trattati di psicologia universale dato che per la prima volta vengono spiegate tecniche e teorie riguardanti la psiche umana.

cosa c'è dietro la pratica?

Gli otto passi dello yoga che Patanjali delinea nello Yoga Sutra sono rispettivamente Yama, Niyama,  Asana, Pranayama, Pratyahara, Dharana,  Dhyana, Samadhi. 

Cosa significa? Rispettivamente: norme etiche Yama, norme morali Niyama,  pratica fisica  Asana, respirazione Pranayama, ritiro dei sensi Pratyahara, concentrazione Dharana, meditazione Dhyana,beatitudine Samadhi  

In questo articolo approfondiremo le prime due, quelle che precedono la pratica fisica quindi indispensabili per iniziare un percorso yoga. 

Gli Yama sono: non -violenza (ahimsa), verità (satya), assenza di desiderio per le cose altrui (asteya), continenza (brahmacharya), assenza di desiderio di possesso (aparigraha)

Patanjali YS 2.30 

I primi passi dello yoga stabiliscono le regole di comportamento del praticante. La radice della parola yam significa contenere, trattenere, controllare. 

Il primo yama, Ahimsa, la non violenza consiste nel non danneggiare in alcun modo gli altri esseri viventi, evitando di arrecare loro ogni genere di sofferenza, sia fisica che morale. Questo yama mira a coltivare il distacco nell’animo del praticante tramite la rinuncia a dominare le situazioni e a prevalere sugli altri. 

Il secondo yama, Satya, la verità, deriva da sat, letteralmente “ciò che è” testimoniando pertanto un collegamento tra la parola ed il pensiero. La falsità crea disarmonia dentro e fuori di noi perciò è bene rimanere coerenti con la nostra realtà. 

Asteya, il terzo yama, consiste nella mancanza di desiderio per le cose altrui, non solo nell’azione ma anche nel pensiero in quanto anche il pensiero ha effetti karmici indipendentemente dal fatto di rubare o meno. 

Brahmacarya, il quarto yama, rimanda al controllo degli organi sensoriali e ci invita e non disperdere le nostre energie attraverso i sensi. 

Aparigraha, il quinto yama, consiste nell’assenza di avarizia, nel non desiderare per sé più dello stretto necessario. Il possesso infatti implica tensione mentale e sofferenza per la fatica di acquisire ciò che si desidera, comporta poi la preoccupazione per conservarlo ed eventualmente la  delusione per la sua perdita. 

 “La purezza (sauca), l’appagamento (santosa), l’ascesi (tapas), lo studio dei testi sacri (svadhyaya) e l’abbandono al Signore (Isvara pranidhana) costituiscono i niyama

Patanjali YS 2.32

Anche i cinque niyama sono regole di comportamento come gli yama ma a differenza di questi non regolano il comportamento verso gli altri ma verso noi stessi. 

Il primo niyama, Sauca, la purezza, deriva dalla radice suc, che significa lavare, purificare. Viene inteso a livello esterno quindi la pulizia del corpo fisico ed il mantenimento del suo stato di salute con cibi sani evitando di assumere sostanze nocive (alcol, droghe, fumo) ed anche a livello interno, ovvero nella rimozione delle impurità della mente. 

Santosa, il secondo niyama, l’appagamento, consiste nel trovare comunque soddisfazione nella propria condizione. Significa essere felici e soddisfatti senza un motivo particolare, accettando serenamente la propria condizione anche in presenza di circostanze indesiderabili. 

Tapas, il terzo niyama, si fonda sula capacità di sopportare le  condizioni estreme come fame e sete, caldo e freddo, stare in piedi e seduti. Da qui vengono la pratica del silenzio e del digiuno. 

Il quarto niyama, Svadhyaya, consiste nello studio delle scritture sacre che riguardano la liberazione e lo studio di se stessi come forma di autoanalisi. 

Isvara pranidhana, il quinto niyama, è un esortazione a non essere attaccati ai frutti delle nostre azioni e questo solo dopo aver reagito in ogni circostanza nel migliore dei modi.