È vero lo confesso. Sono una di quelle persone che aveva preso il Corona virus sotto gamba. Quando è scoppiato io ero in Laos. Non ne ero neppure a conoscenza fino a quando un amico mi ha scritto parlandomi di questo virus così potente che si stava diffondendo in Asia. Ho fatto ricerche online, ho letto qualche notizia cercando di farmi un’idea di ciò che stava avvenendo in Cina.
Non ero minimamente preoccupata per quest’influenza proprio perché si trattava di un’influenza. Credevo fosse uno dei tanti polveroni che si alzano tutti gli anni.
Ho continuato a viaggiare quasi burlandomi delle persone che indossavano la mascherina.
Me ne ero praticamente dimenticata quando un altro campanellino ha richiamato la mia attenzione: i primi casi di Corona virus in Italia. “É solo un’influenza” continuavo a ripetere. Poi la situazione è degenerata.
A quel punto, ho subito pensato: “aveva ragione Saramago! “.
Lessi Cecità, diversi anni fa e ne rimasi molto colpita perché la percepii come una storia che descrive perfettamente le dinamiche dell’essere umano.
Il premio Nobel non era un indovino, era uno scrittore. La sua bravura risiede proprio nell’aver anticipato la realtà attraverso la finzione letteraria.
La storia si apre senza una determinazione spazio temporale: siamo in una città qualunque, in un luogo qualunque. Un guidatore sta fermo a un semaforo in attesa del verde quando si accorge di non vederci più. Inizialmente crede sia un disturbo passeggero, poi scopre che non è così. Si tratta di una cecità virale che passa da una persona all’altra molto velocemente. Nel giro di pochi giorni le persone di tutto il paese non vedono più niente. Diventano tutti cechi.
I loro occhi tuttavia non sono oscurati dal buio pesto bensì da un forte biancore, costretti a convivere con un bagliore costante, forte ed invadente.
Vengono prese misure per contenere la malattia mettendo i cechi in quarantena e dividendoli in gruppi e categorie. La situazione si altera quando il governo inizia a distribuire il cibo. Si creano fazioni, i più forti detengono il potere impossessandosi degli alimenti, tenendo i più deboli in una fame costante.
Quando i cechi abbandonano la quarantena ci troviamo di fronte ad uno scenario desolato in cui l’uomo fa la guerra all’uomo, nascono episodi di sciacallaggio, le case vengono occupate e le donne stuprate.
Solo una persona rimane immune al virus ed è la moglie di uno dei primi contagiati, una donna che mette a disposizione i suoi occhi per aiutare i cechi a sopravvivere in una società che si sta distruggendo. Questa donna è l’unica a non farsi accecare dall’egoismo.
Alla luce degli ultimi episodi, non vi sembra che Cecità sia una caricatura di ciò che sta succedendo in Italia oggi?
Attualmente mi trovo nelle isole Gili e non vi nascondo che ho passato diverso tempo incollata al telefono a leggere giornali, a mantenermi informata. L’arcipelago è formato da Gili Meno, la più piccola come dice il nome, Gili Trawangan, la Riccione indonesiana e Gili Air, la giusta via di mezzo.
Quando sono arrivata a Gili Meno ho ricevuto notizie molto scoraggianti in merito al nostro paese ed ho commesso il grande errore di guardare il telegiornale a distanza, confrontando notizie provenienti da svariate fonti, scoprendo uno scenario desolante: contagi che aumentano a dismisura, ospedali collassati, l’Italia è paralizzata.
Le isole Gili vennero colpite da un forte terremoto nell’Agosto 2018 ed i segni sono ancora evidenti. Considerando che ora è il periodo di bassa stagione, Gili Meno, già piccola di per sé, è desolata. Nell’isola non ci sono macchine né motorini, si gira in bici o a cavallo. “Stupendo”, pensavo prima di arrivare. Effettivamente quando sono sbarcata sull’isoletta ho percepito subito un senso di meraviglia: acqua cristallina, palafitte sul mare, pochi turisti. Un piccolo paradiso.
Una volta depositato lo zaino nel mio bungalow sono uscita alla scoperta dell’isola così come faccio ogni volta che arrivo in un luogo nuovo: voglio farmi un’idea del posto, trovare una scuola dove praticare o insegnare yoga, dove leggere e dove mangiare o fare la spesa. Voglio costruirmi una quotidianità, scandire le mie giornate. Questo per me significa viaggiare molto più che affancendarsi in tante attività, con la cartina in mano nutrendo la smania di visitare tutto.
L’impatto con Gili Meno è strato strano, l’isola era pressoché deserta. Ci sono ancora gli scheletri degli edifici caduti con il terremoto, molti locali sono chiusi poiché fuori stagione, tante case abbandonate, molto silenzio. Cielo coperto da nubi, tuoni in lontananza. Mi sono sentita spaesata per la prima volta durante questo lungo viaggio.
Non ero sola. Già da qualche giorno stavo viaggiando con una persona conosciuta a Bali. Il contatto con un altro essere umano mi tranquillizzava. Almeno non ero completamente abbandonata a me stessa nell’isola dei fantasmi.
La sera andiamo a cena, sedute in un gazebo in spiaggia di fronte al mare. Non c’era anima viva a parte noi ed i camerieri. Conversiamo, c’era la luna piena. Parliamo di astrologia, galassie ed universo. Ad un certo punto mi faccio coraggio e svelo il mio segreto alla compagna di viaggio: “Sai che nonostante questo luogo sia magnifico provo un senso di inquietudine? Non sono a mio agio, ho pensieri strani, quasi paranoici. L’isola è talmente piccola che se arrivasse uno tsunami moriremmo all’istante e nessuno se ne accorgerebbe! “
Ho svuotato il sacco esponendo tutte le angosce bizzarre che mi stavano turbando. Non è stato facile compiere quel primo passo, un po’ mi vergognavo a dirlo a voce alta. Siamo in un oasi tropicale perché mai dovrei avere questo stato d’animo? Ma era così, lungi dalla mia volontà. Inutile cercare di nascondere le emozioni, è necessario rimuovere il coperchio che le trattiene dentro di noi, lasciare fuoriuscire il fumo un po’ alla volta ed evitare così di soffocare.
In questo modo il potere della comunicazione, si rivelò il miglior ansiolitico. Non solo la mia compagna di viaggio rispose di provare le stesse sensazioni ma grazie a quella conversazione riuscimmo entrambe a raggiungere uno stato di serenità che ci permise di passare una notte tranquilla.
Il giorno seguente tutto divenne più nitido. Di comune accordo decidemmo di spostarci a Gili Air, per stare in un’isola leggermente più popolata.
Come sostengono le discipline olistiche, tutto accade per una ragione, le coincidenze non esistono ed ogni minimo dettaglio appartiene ad un disegno globale, anche ciò che apparentemente è insignificante. La notte passata a Gili Meno mi offrì infatti un ottimo spunto di riflessione.
Non fu necessario domandarmi da dove provenisse l’insicurezza di quella giornata, la risposta arrivò da sola. L’aver trascorso tanto tempo incollata al telefono leggendo notizie di terrore mi aveva infuso il terrore stesso, presentatosi mascherato da ansie irrazionali.
Nel giro di pochi giorni ho sperimentato sulla mia pelle che un’eccessiva connessione a telegiornali e giornali crea paura e la paura indebolisce il sistema immunitario aumentando gli episodi di malattia fisica o mentale. Esponendoci proprio all’oggetto temuto.
In queste giornate di forte disagio, siamo bombardati da energie letali per il nostro organismo. Questo non fa che peggiorare una situazione già precaria di per sé.
Perché aveva ragione Saramago? Non credo che che il Corona virus sterminerà il genere umano, penso piuttosto che presto questo incubo sarà finito. Stiamo assistendo però agli stessi modelli comportamentali descritti in Cecità. Agiamo come I personaggi del libro e siamo accomunati da una costante pesante: la paura. In entrambi i casi, l’essere umano mosso dalla paura si trasforma. Da persona diventa un barbaro.
Quando l’uomo tira fuori i suoi istinti primordiali non lo fa perchè sia cattivo. Agisce così poiché ha paura. Anche gli animali si comportano allo stesso modo, un cane attacca solo quando si sente in pericolo. Si chiama istinto di sopravvivenza.
Come scrive Saramago “Se non siamo capaci di vivere globalmente come persone, almeno facciamo di tutto per non vivere globalmente come animali”, controlliamo queste pulsioni, mitighiamole con la ragione. Non esprimiamo la paura attraverso l’odio.
Osservo da lontano la situazione attuale e non vedo differenze tra il romanzo e la realtà: molti italiani sono corsi a saccheggiare supermercati, avevano paura di rimanere senza beni di prima necessità; si è sviluppata una caccia all’untore, ognuno teme l’altro, sono tutti pronti ad incolpare il vicino di banco. Anche questo è un comportamento dettato dalla paura, quella di essere contagiati; episodi di razzismo hanno colpito la comunità cinese in Italia. Questa è ignoranza (=non conoscenza) alimentata dalla paura. Ci troviamo di fronte ad una situazione nuova e sconosciuta, sfugge al nostro controllo. Tutto ciò genera paura.
Sono in contatto telematico con tante persone in Italia e spesso quando domando “Come stai? ” automaticamente esprimono la loro frustrazione riguardo ad episodi di gente che non si attiene al nuovo protocollo. L’attenzione è diretta altrove, la paura viene soffocata, distogliendo lo sguardo ed incolpando l’altro.
Così non si risolve nulla amici. Vi do una buona notizia: abbiamo tutti paura! Comunichiamo, condividiamo i nostri sentimenti, sciogliamo questi nodi di tensione. Demistifichiamo il fenomeno.
Fino a qualche settimana fa non volevo neppure lontanamente pensare al mio rientro in Italia, ora il mio volo è stato cancellato. L’Universo ha assecondato il mio desiderio! Ma volete sapere la verità? Mai come ora mi piacerebbe essere a casa, vicina (per modo di dire perché vicina non si può) alla mia famiglia ed ai miei amici. Cerco però di non sprecare le mie energie leggendo notizie spazzatura o pensando alle ingiustizie.
Medito, pratico yoga, passeggio, scrivo, leggo, penso. Tutte attività che possono svolgersi anche in casa. Anche passeggiare, si. Cerco di essere creativa. Come sosteneva Jung, l’immaginazione è l’antidepressivo migliore.
Ora sono ferma a Gili Air. È bassa stagione, ci sono pochi turisti quasi esclusivamente gente locale. È un’isola interamente musulmana, sto vivendo immersa in questa comunità. Ogni mattina alle cinque sento il suono che richiama i fedeli alla preghiera ed è solo la prima delle cinque quotidiane. Durante la giornata uomini e donne lavorano. C’è chi sta al banchetto della frutta, il corriere che gira a cavallo, i muratori che costruiscono barche o nuove strutture. Nel tardo pomeriggio, quando la temperatura cala, le famiglie si ritrovano nei loro gazebo a chiacchierare, a guardare la televisione all’aria aperta. Stanno insieme.
Io giro in bicicletta. Le persone mi salutano con il sorriso. Mi chiedono come sto e si preoccupano persino per il mio paese. Si proprio loro, “i musulmani”. Non mi sono mai sentita così protetta, coccolata ed al sicuro. È una specie di quarantena forzata, la consiglierei a tante persone. Così, come lezione di vita, come esperienza trasformatrice.
Molti italiani sono in difficoltà perché annoiati. Non sanno come trascorrere le giornate, le cose semplici sono diventate ormai insipide. I ristoranti chiudono e nella società del consumismo viene vissuto come uno dei drammi peggiori. Proprio noi che aspettiamo il Venerdì per affogare i nostri disagi in alcolici e droghe siamo ora imprigionati in una dimensione nuova, costretti a guardarci allo specchio. Non possiamo più nasconderci o fuggire.
Ebbene, è una grande opportunità, un’occasione per riflettere sulla propria vita, per fermarsi, per assaporare il gusto della semplicità.
Ma tornando a Saramago vorrei spiegare perché aveva ragione. Lo scrittore lascia intravedere un barlume di speranza all’interno dello scenario apocalittico. Nel mondo dei cechi una donna riesce a salvarsi. Come? Aiutando gli altri. Colei che offre i suoi occhi ai propri compagni, colei che non si fa vincere dalla paura ma si mantiene forte, lucida e solidale.
È un messaggio magnifico. Mai come ora ci siamo trovati in uno stato di necessità così acuto. Siamo costretti ad aiutare l’altro. Stiamo vivendo tutti la stessa storia. Questo virus insegna che siamo tutti connessi, siamo tutti parte dello stesso Universo. Le barriere fisiche esistenti sono solo una creazione dell’uomo moderno, nata per proteggersi dalle sue stesse paure.
La luce bianca che ossessiona i personaggi di Saramago è la possibilità donatagli dal mondo per guarire dalla pandemia. È un invito a rivolgere quella stessa luce agli altri, con bagliore e positività.
Amiamo tanto la vita, proteggiamola. Il Corona virus è il più grande esperimento della storia moderna. Non ce ne è importato nulla del cambiamento climatico, delle morti in Siria, degli sbarchi nel Mediterraneo. Abbiamo calpestato l’umanità perché “tanto non ci riguardava direttamente”. Ed invece eccoci qua, è arrivato il conto da pagare: saldiamolo! Non è mai stato così facile pagare un debito. Basta solo starsene a casa.
Forse non ne siete ancora del tutto convinti. In questo caso ve lo chiedo come regalo di compleanno: voglio tornare in Romagna e mangiare una piadina crudo e squacquerone.
State a casa e rendetemi felice! Sarà il più bel regalo che possiate farmi.
Lontana e vicina vi mando forza, coraggio e tanto affetto.